La “villeggiatura”, che così si
chiama perché riporta il pensiero ad agiati lussi in oziose ville, oggi
soppiantata da ammalianti offerte last minute in cui l’unica vacanza
è quella di un appagato piacere, ci pone nostro
malgrado al cospetto della natura. E li, stupiti ed attoniti scopriamo che l’“andare in campagna” comporta un serrato confronto
con l’irruente germogliare di prorompente
vegetazione pioniera, assai cara al mito wrightiano della wilderness che testé ci riporta alla mente l’ipocrisia
di molta architettura urbana contemporanea.
in dies domini, quasi un immaginetta di quelle in vendita, tanti anni fa, alle Paoline |
Quella natura, che la città ha
saputo circoscrivere ed instradare basta, per
figurarsi ciò, pensare ai filari alberati dei viali in cui si ode riecheggiare lo stormir del vento nella piantata lombarda,
ci si propone con tutta la sua forza dirompente; o frequentando agli ameni giardini
eclettici ed i profumati orti botanici che nell’ottocento hanno educato gli
urbani e confortato gli afflitti innurbati. A ben pensare non è che ancor oggi
in città si senta la mancanza di graminacee, tant’è che si e soliti dire che les mauvaises herbes, non muoiono mai.
Ma come si sa: mi sunt me l’erba mata,
brava gent, brava gent; l’è inutil metun l’oli per cundimm in insalata e
vuraria savè perché, vurii schisciamm sòtt ai voster pè.
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