La
“verità” di un’immagine si fonda principalmente sull’identità tra soggetto e
sua rappresentazione, cioè dipende da quanto l’immagine raffigura. In ciò sia
attesta la coincidenza del sistema vincolistico tra punto di osservazione e quadro
prospettico con l’immagine prodotta. Dove l’occhio non inganna, già la
fotografia analogica, o fisico-chimica se
si preferisce, ammette aberrazioni e distorsioni volute o dovute. Nella fotografia digitale la verità
ottica permane ma muta l’intelligenza che costruisce l’immagine e si supera, implicitamente, l’idea di un identità tra i due mezzi.
L’immagine, sebbene verosimile, è già
una trasformata matriciale in cui l’apparire trasfigura il soggetto e le
topologie sono subordinate relative. Adesso, con la computer grafica l’immagine
digitale ha perso ogni grado di oggettività dato che con un po’di malizia ogni
figura si forma e si trasforma a piacere, come
nell’immagine qui sotto.
Bercerto, (Parma) sul finire del
borgo
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n.d.r.: L’uso del dialetto è la forma diastratica per antonomasia, ogni tanto, dunque, per qualcosa o qualcuno,
attingerò alla memoria del parlato dei nonni.
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