venerdì 12 luglio 2013

un luogo comune, automatico ed amediale.




Nella lingua italiana il termine "rilevare" assume molteplici significati tra cui molti riportano ad una attività di raccolta dei dati inerenti ad un luogo, per giungere ad una descrizione o meglio ad una rappresentazione il più completa possibile dell’identità dello stesso. Da sempre, gli architetti, intendono il rilevo come quella serie di attività di natura logico cognitiva (osservazione finalizzata alla comprensione e, ove occorra, misura) che possano dare luogo ad una rappresentazione congruente di ciò che si è rilevato. Anche nel caso delle discipline inerenti lo studio socio-economico, la rilevazione mira alla conoscenza di un fenomeno e, in forza della raccolta del maggior numero possibile di dati ed informazioni, a giungere mediante indici numerici, alla rappresentazione del fenomeno così esperito. Per tale ragione, da qualsiasi parte lo si voglia vedere, un rilevo efficace e coerente impone una costante attenzione a ciò che si intende rilevare e al dominio dei metodi di restituzione “rappresentazioni grafiche” nel caso di fenomeni territoriali o architettonici e statistiche, o altri metodi matematici nel caso delle scienze sociali. Per capire il senso profondo dell’attività di “leggere i luoghi”, pare utile un’ultima premessa: il rilevo efficace di un luogo, non è e non sarà mai un attività "automatica" ed "amediale". Partendo dunque dal concetto di "automatico", esso ci dovrebbe essere molto familiare, dato che la quotidianità tende ad accreditare il fatto che con la semplice pressione di uno o più tasti, qualcosa, come per "magia", si avvera, e l’anima dell’ aborigeno è così catturata. D’altro canto, anche il concetto di "amediale" dovrebbe esserci usuale, dato che buona parte dei segnali che quotidianamente riceviamo vengono da noi trattati in modo perfettamente neutro dunque “amediale”. Mentre scrivo queste righe penso a chi le leggerà e quindi, salvo pochi casi, sono certo che molti archivieranno nella loro memoria questo pensiero, senza porsi alcuna domanda in relazione a cosa ciò significhi esprimerlo in un blog che vuole parlare di paesaggi urbani; bene: “oggi il paesaggio in genere, e nello specifico quello urbano di molte delle nostre città è tale perché risulta un perfetto artefatto, frutto di una  involontaria conseguenza di automatismi e amedialità. Il significato di tale provocazione sta proprio in essa, si può visitare un luogo, magari misurarlo, certamente fotografarlo, e quindi tornare a visitarlo operando una azione di tipo automatico ed amediale, quindi negando nei fatti il presupposto di ogni attività di rilievo che è una "conoscenza" conseguente alla compiuta comprensione di ciò che osservo. State tranquilli, così senza fatica si trova sempre un "luogo comune".

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