Nella
lingua italiana il termine "rilevare" assume molteplici significati
tra cui molti riportano ad una attività di raccolta dei dati inerenti ad un luogo,
per giungere ad una descrizione o meglio ad una rappresentazione il più completa
possibile dell’identità dello stesso. Da sempre, gli architetti, intendono il rilevo come quella serie di attività
di natura logico cognitiva (osservazione finalizzata alla comprensione e, ove occorra, misura) che possano dare
luogo ad una rappresentazione congruente di ciò che si è rilevato. Anche nel caso delle discipline inerenti lo studio
socio-economico, la rilevazione mira alla conoscenza di un fenomeno e, in forza
della raccolta del maggior numero possibile di dati ed informazioni, a giungere
mediante indici numerici, alla rappresentazione del fenomeno così esperito. Per
tale ragione, da qualsiasi parte lo si voglia vedere, un rilevo efficace e
coerente impone una costante attenzione a ciò che si intende rilevare e al dominio
dei metodi di restituzione “rappresentazioni
grafiche” nel caso di fenomeni territoriali o architettonici e statistiche,
o altri metodi matematici nel caso delle scienze sociali. Per capire il senso profondo
dell’attività di “leggere i luoghi”, pare utile un’ultima
premessa: il rilevo efficace di un luogo, non è e non sarà
mai un attività "automatica" ed "amediale". Partendo dunque
dal concetto di "automatico", esso ci dovrebbe essere molto
familiare, dato che la quotidianità tende ad accreditare il fatto che con la
semplice pressione di uno o più tasti, qualcosa, come per "magia", si
avvera, e l’anima dell’ aborigeno è così
catturata. D’altro canto, anche il concetto di "amediale"
dovrebbe esserci usuale, dato che buona parte dei segnali che quotidianamente
riceviamo vengono da noi trattati in modo perfettamente neutro dunque “amediale”.
Mentre scrivo queste righe penso a chi le leggerà e quindi, salvo pochi casi,
sono certo che molti archivieranno nella loro memoria questo pensiero, senza
porsi alcuna domanda in relazione a cosa ciò significhi esprimerlo in un blog
che vuole parlare di paesaggi urbani; bene: “oggi il paesaggio in genere, e
nello specifico quello urbano di molte delle nostre città è tale perché risulta
un perfetto artefatto, frutto di una involontaria conseguenza di automatismi e
amedialità. Il significato di tale provocazione sta proprio in essa, si può visitare un luogo, magari
misurarlo, certamente fotografarlo, e quindi tornare a visitarlo operando una
azione di tipo automatico ed amediale, quindi negando nei fatti il presupposto
di ogni attività di rilievo che è una "conoscenza" conseguente alla compiuta
comprensione di ciò che osservo. State tranquilli, così senza fatica si trova
sempre un "luogo comune".
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